giovedì 2 giugno 2011

il funerale del cane

Ammetto di avere dei nonni strani forte. Sono proprio delle persone assurde, che pensi ti sarebbe piaciuto conoscere quand'erano giovani. Solo che sicuramente sono diventati più strani invecchiando e non perchè come tutti i vecchi hanno perso qualche lunedì, ma credo più per le conoscenze in cui sono incappati col passare del tempo. Ve ne racconto una così capite meglio cosa intendo e vi renderete conto che sareste un po' folli anche voi, se aveste conosciuto un tal personaggio. La mia forte deformazione professionale mi porta a non rivelare il nome dell'interessato, che chiamerò quindi signor Adrem giusto per dargli un nome. Sembra un nome quasi arabeggiante, ma vi assicuro che il soggetto è italianissimo. Dunque, fate che ora avrà 75 anni suonati e conosce la mia famiglia da un bel po'. Immaginatevelo: capello lunghino tinto di un orrendo color castoro, tirato indietro come a voler ostinatamente nascondere che, laddove c'era un grande prato verde, oggi c'è la grande steppa che circonda il villaggio della signora del west. Per restare in tema, che gli USA non ci deludono mai, carnagione da indiano d'america dopo che gli hanno levato l'ultima riserva e l'hanno lasciato a rinsecchire il 1 mq di terra sotto il sole. Dove non passano nemmeno quelle piante che rotolano che sembrano secche ed invece sono vive e se la viaggiano. Look che non si può assolutamente permettere vista l'età, con tanto di cinture in pitone, camicine stretch mezze aperte e jeans alla James Dean. Credo che il quadro sia abbastanza completo. Ah no, c'è un altro particolare. Egli possiede quei modi di fare, dai gesti alle parole, che ti fanno raggelare il sangue nelle vene, è una di quelle persone da cui nessuno si farebbe sfiorare, perchè appena ti si avvicina è come se i fratelli Carli ti avessero portato a domicilio una grossa tanica del loro buon olio e ti invitassero a tuffartici dentro. Ok, credo che la metafora sia esauriente, possiamo continuare. Il signor Adrem si è arricchito durante la sua vita con una ditta di spurghi che stura i cessi di tutto il nord Italia, nel tempo libero si è sposato e ha avuto due teneri figlioletti che, una volta cresciuti, ha sistemato nella casa confinante con la sua. Il fato vuole che, liti familiari, invidia per la ricchezza paterna, complesso edipico non brillantemente superato, ai due figli viene un'idea assai particolare. Una sera, di ritorno dal lavoro, il signor Adrem trova la cena pronta in tavola. "Che bello - pensa - i miei due tesori mi hanno preparato una bella minestrina". Ma quella sera, l'idea di mangiare brodaglie verdurose proprio non gli va. E rovescia la minestra nella ciotola del cane. Trotterellando felice verso la cena, il cane divora la minestra in pochi minuti. E dopo altrettanti pochi minuti si accascia a terra e muore.
INTERVALLO: Perchè i figli uccidono il proprio padre.
A quanto pare c'era di mezzo una questione di soldi. O di case, che son soldi, solo che non li dimentichi nelle tasche dei pantaloni estivi ritrovandoli con grande gioia quando torna il caldo. Ma forse era qualcosa di più, forse i due bei gioiellini di papà avrebbero voluto conquistarsi in anticipo la mega azienda e dividersi la merda un po' per uno, in modo da essere entrambi più felici e meno sporchi. Ultima ipotesi, per buttarci meno sul veniale, potrei azzardare che il signor Adrem avesse qualche problema col turismo sessuale e che ai ragazzi questa cosa non piacesse molto. Più avanti si scoprirà perchè.
FINE INTERVALLO
Tradito quindi dal sangue del suo sangue, tu quoque fili mi, il nostro protagonista decide di abbandonare moglie, figli, casa e di sistemarsi in una modesta struttura indipendente con piscina all'interno. Negli anni successivi, approfitta delle vacanze per visitare l'Africa e riscoprire le origini della specie umana. In senso letterale. Letteralissimo, anzi. Qualche anno fa lo vedo felice presentarmi una ragazza più o meno della mia età. Una ragazza bellissima: pelle d'ebano liscia come una pescanoce, occhi profondi come un cocktail quando sei già ubriaco e ti sembra non finisca mai, capelli morbidi come una poltrona del pullman dopo una giornata a gardaland, voce suadente come la musica dei red hot appena dopo un assolo di voce di jhon frusciante (ti stimo molto, jhon, ma tu suoni la chitarra molto bene, perchè complicarti la vita?). Insomma, perfetta davvero.
- Ti presento la mia Sandrina -
La ragazza sorride timida, mi porge la mano senza stringere la mia ed io non stringo la sua per il timore di frantumarla. "Finalmente, penso, si è deciso a portare in Italia una dei trecentoquarantasette figli che avrà smollato in giro per l'Africa. Come se non avessero già abbastanza problemi, là."
- L'anno prossimo ci sposiamo -
Cosa?
Scusa?
Ma è tua figlia!
Nel senso... Deve essere tua figlia!  
Cara mia Alessia, tu sei troppo ingenua. Così fai sempre e solo figure di merda! Ops! Ho detto merda! Ancora! Ok, basta.
Fatto sta che la piccola Alessia saluta Pollon, scende sulla terra, e scopre che la ragazza che ha davanti sposerà il viscido Adrem. L'istinto è dirle scappa, la ragione è abbracciarla. Toccare la ragazza che sta sacrificando la sua libertà e la sua giovinezza per aiutare la sua famiglia. Stringere la donna che ha la tua età, ma è più grande di te di quarant'anni. Ammirare Sandrina perdere il suo nome per guadagnare una vita dignitosa. Se il prezzo da pagare è alto, la ricompensa sarà maggiore. Ora hanno una figlia, bella come la madre, che potrà crescere senza preoccupazioni. Adrem lascerà a Sandrina e alla loro bambina ogni suo bene e per stare tranquillo ha aperto un'attività completamente intestata alla ragazza.
FINALE: Si può augurare a qualcuno di morire?
Eh no, non si può. Non si può in nessun caso nemmeno per scherzo. Come non si augurano le malattie, i lutti familiari, o che ti si buchi una gomma sulla Salerno - Reggio Calabria. Non li vedo da molto, so che fanno sicuramente una vita invidiabile, ma quella donna si merita di avere di più. Si merita di non doversi accontentare di provare affetto e se per questo dovrà aspettare... Bè, spero che non si tratti di un lungo tempo. Che è diverso dall'augurare la morte a qualcuno. O no?

martedì 8 febbraio 2011

il funerale di mio nonno

Questa è una delle storie che quando la racconto, la gente mi dice: "dovresti scriverla!". E in effetti dovrei proprio, perchè questa è anche una di quelle storie di cui, quando passa un po' di tempo, cominci a dimenticare i dettagli, le sfumature, quei commenti sarcastici che inserisci, che diventano parte integrante dell'assurda favoletta. Così la racconto.
L'estate scorsa è stata una lunga estate gremita di morte.
Di certo rapportarsi con la morte non è mai piacevole, spesso ti spaventa, altre volte ti sorprende, altre volte ancora non sai bene nemmeno tu che emozione sia più consona al momento. Ho conosciuto poco tempo fa un’adorabile ninfetta che si stupiva di come l'uomo fosse, in punto di morte, totalmente abbandonato a se stesso. Forse sarebbe più utile vederla così, e pensare non tanto alla morte come perdita di sè, ma più che altro come abbandono a sè. Forse è proprio così. Ma sì, mi piace, facciamo che è così. Brava Lolita!
Mio nonno si abbandona a se stesso proprio nella lugubre ultima estate trascorsa, in modo piuttosto bizzarro. Malato da tempo, trascorreva agosto lontano dall'umida pianura, nel suo paese natio, tra le montagne di una valle il cui nome è evocativo come pochi: Val Taleggio. Un bel giorno mio padre l'accompagna in bagno, e lì, proprio lì, mentre il nonno vecchino riflette intensamente su problemi che trascendono la materia (che è un po' quello che facciamo tutti almeno una volta al giorno) si accascia a terra e muore. Mio padre lo sistema alla benemeglio sul letto e corre in paese a chiamare qualcuno che conosce qualcuno che conosce lo zio di quello che ha l'agenzia di pompe funebri più vicina. Lo trova, e in men che non si dica due uomini vestiti di tutto punto piombano tipo agenti FBI in casa nostra, chiedono dove si trovi il cadavere, lo vestono, lavano, truccano, e preparano pronto ad essere visitato da miriadi di improbabili e sconosciuti parenti. Tutto questo senza che un dottore avesse ancora dichiarato la morte.
- Ma il dottore, papà, alla fine è venuto? -
- No Alessia: il dottore non è mai venuto. -
Ora, capisco che da un uomo di 87 anni che si accascia a terra e sbianca, non ti aspetti che stia fingendo un malore per poi aprire gli occhi e gridare "scherzone!", ma un povero diavolo di dottore che si facesse qualche tornante giusto così, per sentire se almeno il cuore aveva effettivamente smesso di battere... vabbè, nonno, ormai è tardi, ma sappi che a me sta cosa mi ha lasciata un po' perplessa.
Comunque, il giorno del funerale le mie zie avevano organizzato tutto alla perfezione: le visite, il corteo fino alla chiesa, i canti, le letture (ed i prescelti per queste eravamo io e mio fratello), il corteo chiesa - cimitero, il gran finale ed infine il grandissimo finalissimo. Non è il mio hobby preferito vedere i cadaveri, quindi ho deciso di starmene fuori dalla sala dove mio nonno era probabilmente ancora assorto in meditazioni metafisiche, veder sfilare davanti a me cugini, zii, sorelle di amici di pronipoti, il prete del paese, la perpetua e aspettare così l'ora del primo corteo. Arrivati finalmente in chiesa, mi avvicino al leggio e inizio il mio monologo tratto da non mi ricordo quale capitolo del mega libro super made in sky. Peccato che non fosse un brano prettamente sereno: la storia però l'ho capita. Parlava di ossa, carne, muscoli tutti messi lì disordinati, e di Jesus Christ che ordinava loro di riformarsi e di riprendere vita, e questi che gli obbedivano. Frankenstein. Non era di Mary Shelley? No, è di J.C.S., che lo sappiamo è il divo incontrastato di queste cose. Insomma, leggo questa cosa che faceva anche un po' senso, e più vado avanti più mi rendo conto che chi cacchio l'ha scritta che cavolo c'aveva in mente nessuno lo sa. E forse è meglio così. Dopo il gran finale, con tanto di ultime lacrime e canto angosciante ("Un giorno credo, ritornerò", s'intitolava: ok, nonno, tu ritorna pure, se non altro per fare quel piccolo accertamento medico sulla tua morte, ma i tuoi altri compagni zombie lasciali là, ok?), le mie zie rivelano il grandissimo finalissimo. In quel piccolo paesino di montagna formaggiosa, la mia famiglia ha una baita ristrutturata che si trova, casulmente, proprio a un centinaio di metri dal cimitero. E cosa abbiamo fatto lì dopo l'esequie? Un grande party, in very american style, che però in Val Taleggio non ci azzecca un granchè. Ma superato il disagio iniziale e la perplessità nel vedere una festa subito dopo un funerale (con il mio povero cugino che correva a destra e a manca per portare torte, vino, acqua, salatini, salame... salame? sì, il salame!), devo ammettere che l'idea del party è decisamente apprezzabile. Alla fine era una riunione di famiglia, che poi non conoscessi i miei familiari, questo è un dettaglio. E la volete sapere la cosa assurda? C'è un'ordinanza comunale, in Val Taleggio, che dice che se non hai la residenza lì non puoi essere seppellito lì. Che tu sia nato tra gli stracchini e abbia fatto stracchini per tutta la tua vita, poco importa. Devi avere la residenza. Mio nonno, che da tanti anni viveva in pianura, la residenza lì non ce l'aveva certo. Ma c'è un'eccezione, fondamentale: se muori lì, allora puoi essere seppellito lì. Alla fine, nonno, che ce frega se nessuno ti ha visitato, avevi proprio voglia di un altro dottore? L'importante, alla fine, è poter vedere ancora qualche mucca pascolare, di tanto in tanto. L'importante, alla fine, è essere a casa.